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Quando è troppo, è troppo!

Navigare in un mare di giocattoli cercando di rimanere a galla

In questi giorni di festa abbiamo assistito – dal vivo o tramite le numerose foto postate sul social network – a sfoggi di molteplici giocattoli ricevuti in dono da Babbo Natale, parenti, amici etc.

 

Tralasciando la discutibile esposizione mediatica di bambini e bambine in pigiama che scartano regali con voracità e noncuranza allo stesso tempo – privati di alcune delle gioie più belle della vita: la sorpresa, il desiderio, l’attesa – le mie riflessioni pedagogiche di questi giorni si sono soffermate anche su un altro aspetto: il numero di giocattoli ricevuti, che di fatto finisce per renderli inapprezzati.

 

 

Tra compleanni e feste varie a cui ho partecipato, ho visto bambini/e scartare giocattoli e passare al successivo gettando il primo per terra, camminandoci sopra, non ricordando nemmeno chi avesse donato un pupazzo rispetto a un altro; avendo l’imbarazzo di scelta e non sapendo quindi con cosa iniziare a giocare; trastullarsi con tutti i giocattoli ricevuti per 5 minuti o poco più con ciascuno, per poi ritrovarsi senza sapere cosa fare… E queste sono solo le più lampanti reazioni alla moltitudine di giochi a disposizione.

 

 

La solita situazione, per ovvia conseguenza, riemerge nella cameretta del bambino/a, stipata di giocattoli tanto che pare di essere dentro Hamleys a Londra: non si sa dove guardare, cosa afferrare, si desidera tutto senza sapere in realtà qual è il nostro vero gusto e interesse.

 

Come già accennato, l’eccesso di giocattoli (in generale, l’eccesso di cose, oggetti, beni materiali) toglie al bambino/a la possibilità di sperimentare la meraviglia, il desiderio, l’attesa – e perché no, la frustrazione – in vista del raggiungimento di un obiettivo, che quando ottenuto, è apprezzato a pieno.

 

Accanto a questo fenomeno, è chiaro l’emerge di un altro preoccupante fenomeno: i bambini e le bambine oggi, molto spesso, non sanno giocare.

 

 

Giochi e giocattoli sono due termini che comunemente vengono usati erroneamente in maniera interscambiabile. In realtà, è considerato giocattolo qualsiasi oggetto che può servire per il divertimento dei bambini; il gioco invece, è un’attività svolta da una o più persone per lo svago e il passatempo, per ritemprare le energie fisiche o per tenere in esercizio la mente. Oltre a queste funzioni, il gioco – specialmente nei bambini/e – è fondamentale anche per l’acquisizione di conoscenze, strategie e competenze sia sul piano cognitivo che emotivo-affettivo.

 

 

Ci sono diversi tipi di gioco. Nei neonati possiamo già notare i giochi d’esercizio (il bambino acquisisce progressivamente il controllo degli arti e la capacità di esplorare gli oggetti con tutti i sensi e ripete e consolida gli schemi noti). Mano a mano compare il gioco esplorativo, quello simbolico (caratterizzato dall’assegnazione da parte del bambino di un significato particolare ad un oggetto) e il gioco di finzione (con l’immedesimazione del bambino nel ruolo e/o in una situazione a suo piacimento).

 

 

Tra i 7 e gli 11 anni si sviluppa progressivamente il concetto di regola che consente il coinvolgimento dei bambini/e in gioco di regole: le regole sono convenzionali, prestabilite, esplicite, accettate da tutti i partecipanti prima che il gioco abbia inizio. I giocatori competono tra loro per vincere e c’è un obiettivo da raggiungere. Questi giochi hanno quindi una funzione importante: mettersi alla prova e verificare fino a che punto si è in grado di arrivare per raggiungere un certo obiettivo.

 

Ogni tipologia di gioco è necessaria e funzionale allo sviluppo di specifiche abilità intellettive nelle varie fasce d’età dei bambini/e. Se il bambino non gioca, la sua maturazione verrà rallentata o compromessa.

 

 

L’assenza di grandi e costosi giocattoli non ha mai impedito ai bambini/e il gioco simbolico o di finzione, in cui uno stecco diventava una bacchetta magica o bastava un cortile per giocare ad essere dei supereroi ed ingaggiare divertenti inseguimenti. I bambini/e, stando nel gruppo dei pari spesso in assenza della supervisione di un adulto, imparavano a raccordarsi, si organizzavano in giochi con ruoli assegnati e regole condivise. Quando qualcuno non era d’accordo o non le rispettava, non interveniva un adulto mediatore – un docente, un allenatore – a gestire la situazione, ma erano i bambini/e stessi che trovavano in autonomia una soluzione.

 

 

Tutto ciò aveva indubbie ricadute sulle loro abilità relazionali, sulla loro capacità immaginativa, sulla creatività. Sperimentavano importanti aspetti per la formazione della propria identità: il senso di frustrazione e l’insuccesso ma anche il “farcela da sé”, il senso del proprio limite e le personali abilità.

 

Si potrebbe forse racchiudere questo mio ragionamento in uno slogan: “troppi giocattoli e pochi giochi” ma la realtà, nella sua complessità non è sintetizzabile in una frase. Certo è, però, che diminuire la mole di giocattoli nella stanza e aumentare le ore di gioco libero in piazza non farebbe male a nessun bambino!  

 

 

 


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